Corso Base settima lezione: la stampa ai sali d'argento

Camera Oscura


In attesa di selezionare le foto per il concorso fotografico legato al Body Painting, sul quale ritorneremo più avanti in maniera molto approfondita, il nostro corso base del bimestre Mag/Giu (anche se oramai siamo a Luglio quasi inoltrato), è giunto quasi al capolinea.
Settima tappa del percorso: la stampa in camera oscura, dove i nostri ragazzi hanno scoperto (per molti era la prima volta) che nei film, quando si vedono scene girate all'interno di una camera oscura, la finzione è ben diversa dalla realtà. Scopriamo perché.


Con il corso giunto oramai al termine (si, ci mancherete ragazzi), la settima e penultima lezione si preannuncia come la più “intrigante del corso”, quella che, per esperienza nei tanti corsi fatti fino ad oggi, ha sempre suscitato maggior curiosità; se non altro, perché non capita tutti i giorni la possibilità di poter entrare in una camera oscura e vedere come si realizza una stampa fotografica. E anche ieri sera le cose sono andate esattamente così, con i nostri ragazzi che alla fine erano molto soddisfatti e contenti di aver vissuto un'esperienza, seppur così “piccola” e di breve durata, come quella di stampare le proprie foto. E sono stati davvero bravi.

Viste le numerose assenze (l'aria di ferie si fa sentire) tutti dentro in camera oscura per scoprire la stampa ai sali d'argento.

Il preambolo è come sempre teorico: un'infarinatura generale sulla “composizione” di una camera oscura e poi giù di pratica.

Come per lo sviluppo della pellicola, il processo chimico avviene in fasi ben distinte e la preparazione dei bagni, rigorosamente con la luce accesa, è stata l'occasione per rispolverare concetti affrontati nelle precedenti lezioni.



Prima fase, lo sviluppo, costituito da un rivelatore, alcalino, che ha la funzione di trasformare l'argento esposto dalla luce in argento nero metallico (proprio come nella pellicola).
Ci sono svariati tipi di sviluppo, i più comuni sono composti da metolo (che esalta i grigi dell'immagine) e idrochinone (per un contrasto più deciso). A seconda del tipo di carta o di risultato che si vuole ottenere, si usa un determinato tipo di rivelatore. Noi ieri abbiamo usato uno sviluppo “comune”, di buona qualità, come il Multigrade della IlFord.

La seconda fase è il bagno di arresto. Anche in questo caso è costituito da acido acetico glaciale ed ha la funzione di “arrestare” l'azione dello sviluppo.

Terza fase, il fissaggio, iposolfito di sodio (nel nostro caso) che elimina l'argento non esposto e fissa l'immagine rendendola stabile nel tempo.

Ultima fase, prima dell'asciugatura, un lavaggio abbondante per eliminare ogni traccia di residuo chimico che, nel tempo, rovinerebbe inevitabilmente tutto il lavoro di stampa.

Preparata la parte “umida” della nostra camera oscura, siamo passati a quella “asciutta” dove a farla da padrone è stato il nostro “proiettore di luce”, cioè, l'ingranditore.



L'ingranditore è lo strumento che ci permette di stampare le nostre foto grazie alla sua capacità di ingrandire il negativo, posto all'interno del porta negativi, per mezzo di una testa regolabile in altezza, costituita da una lampada, che manda il fascio luminoso verso il piano di stampa; un diffusore (come nel nostro caso), che diffonde la luce su tutta la superficie del negativo; e un obiettivo che proietta l'immagine negativa del nostro soggetto da stampare sul piano di stampa.



Ci sono diversi tipologie di ingranditori. Tra i più comuni troviamo quelli a luce diffusa (appunto, come nel nostro caso), che grazie ad un box diffusore posto sotto la lampada, diffondono la luce su tutta la superficie del fotogramma da ogni direzione e permettono di realizzare stampe mediamente morbide. Questi ingranditori sono tra i più usati anche a livello professionale.

Poi ci sono gli ingranditori a luce condensata che non hanno un diffusore bensì due lenti (condensatori) che convogliano il fascio luminoso direttamente sulla pellicola in linea retta. Questo fa si che le stampe, per via dell'effetto Callier, vengano molto più contrastate e piene di dettagli.


Molti fotografi, soprattutto nel bianco e nero, preferiscono questo tipo di stampa che però, al contrario del diffusore, esige grande attenzione e pulizia perché proprio grazie alla sua capacità di evidenziare i dettagli, il condensatore mette in evidenza anche i piccoli difetti che possono essere presenti nella pellicola, come macchie di calcaree, graffi o semplicemente polvere.



L'ingranditore di cui noi disponiamo possiede una testa “colore”: cioè ci sono dei filtri (filtri secondari, giallo, magenta e ciano) che permettono di realizzare stampe a colori. Non era certo il nostro caso, ma come ho spiegato ai ragazzi, l'uso di questo tipo di ingranditore è di grande aiuto quando si utilizzano certi tipi di carte fotografiche.

Perché la carta fotografica è importante, diremmo: fondamentale.

La carta fotografica è il supporto dove si impressionano le nostre immagini ed è costituita da uno strato di sali d'argento (bromo, cloro o iodio) sensibile alla luce.


Ci sono due tipi di carte fotografiche: politenate e baritate.
Le carte politenate (RC) hanno la caratteristica di avere come supporto uno strato di poliestere che protegge l'emulsione fotografica. Sono largamente diffuse nei laboratori fotografici e hanno diverse tipologie di superfici: lucide, opache matt, semi-matt etc etc
Le carte baritate (FB) molto più pregiate, proteggono l'emulsione fotografica con uno strato di barite. Queste sono usate per lavori altamente professionali e di qualità perché grazie alla loro caratteristica fondamentale, data dal supporto in cartoncino, permettono allo stampatore di realizzare stampe piene di dettagli e con la più ampia gamma di grigi della scala tonale, con bianchi purissimi e neri profondi. Insomma, il massimo che si può volere da una stampa ai ali d'argento.

Le carte fotografiche sono poi differenziate dal loro valore di contrasto.
Ci sono le carte a contrasto fisso, che vanno da 0 (stampa morbidissima) a 5 (stampa ad altissimo contrasto) e le carte a contrasto variabile (come quella da noi usata per la nostra lezione) che in un unico foglio può “racchiudere” tutti e cinque i livelli di contrasto: dallo 0 al 5.
Per queste carte si usano i filtri sopra menzionati, presenti nell'ingranditore con testa colore (in altri casi, si usano filtri aggiuntivi).
A incidere sul contrasto della carta sono due filtri: il giallo, che abbassa il contrasto; il magenta che lo alza.


Esaudita la parte teorica, non ci resta che spegnere la luce ed immergerci nell'atmosfera della luce rossa, luogo ideale per la realizzazione delle stampe: perché come ben specificato, al contrario delle pellicole che vanno “manipolate” al buoi assoluto, la carta fotografica si può lavorare con la sola luce rossa (nel caso di carte BN), perché essa non è sensibile a questa lunghezza d'onda della luce.

Via di stampa! Dopo aver tagliato le nostre pellicole, abbiamo realizzato la stampa a contatto, per poter realizzare una provinatura, prima di scegliere l'ingrandimento da effettuare.


 La partecipazione dei nostri ragazzi è stata molto attiva e tutti, più o meno, si sono cimentati nello sviluppo del foglio.




Fatto il provino a contatto e scelto il nostro negativo da stampare, ci siamo cimentati nel nostro primo ingrandimento in BN (formato 20x30cm): nella nostra prima stampa ai sali d'argento.



Impostata l'altezza dell'ingranditore, ci siamo assicurati che la stampa fosse correttamente a fuoco. E per farlo ci siamo muniti di pazienza e di uno strumento fondamentale: il focometro.
Il focometro permette allo stampatore di mettere a fuoco la grana della pellicola. In questo modo, mettendo a fuoco la grana, si ha la certezza assoluta che la stampa sarà perfettamente nitida, cioè a fuoco.
Naturalmente, abbiamo realizzato una serie di provini prima di eseguire la stampa finale.
Beh, forse definirla stampa Fine-Art è un po' esagerato, ma visto l'impegno dei ragazzi e la passione che ci hanno messo, direi che alla fine hanno fatto davvero un gran lavoro.



Tutti bravi, ma ci preme sottolineare la dimestichezza dimostrata da Nadia - che già durante la lezione sullo sviluppo del negativo, aveva mostrato delle doti impensabili (soprattutto nel carimento della pellicola nella spirale) – abile nel manipolare le stampe in fase di sviluppo sulla bacinella, come uno stampatore “navigato” (e poi, con quel grembiule, l'aria professionale non gli mancava di certo).
Alla fine, grazie al nostro aiuto, è riuscita a realizzare un'ottima stampa fotografica.

Ma la lezione è stata molto prolifica: siamo riusciti a realizzare diverse stampe fotografiche e tutti hanno dato il loro prezioso contributo.



Il lavaggio finale delle stampe è stata l'occasione per le domande e le curiosità. Martedì prossimo i ragazzi potranno ammirare il lavoro da loro svolto e siamo certi resteranno più che soddisfatti: già lo erano alla fine della lezione.

Ora non ci resta che affrontare l'ultima lezione del nostro percorso: il digitale!

Mano ai file, al prossimo step.


Grazie Bea per le splendide foto!!!






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