Corso Base Lug/Ago 2013: terza lezione


Profondità di campo e tempi di posa


Il passaggio dalla teoria alla pratica è sempre salutare, soprattutto quando, dopo una lezione in cui si è interamente chiacchierato e il cervello ha recepito così tante informazioni in un tempo brevissimo (cos'è una lezione di fotografia, per quanto ben fatta, a confronto di tanti anni di studio), "toccare con mano" e vedere dissipati i tanti dubbi e le tante domande attraverso lo scatto, è l'esercizio migliore che i nostri corsisti potevano fare: e siamo certi, il migliore che potessero aspettarsi.


Dopo aver sviscerato, durante la seconda lezione, tutto l'aspetto teorico attraverso l'analisi di quei concetti che sono alla base della fotografia, siamo più che certi che ai nostri ragazzi siamo rimasti tanti dubbi, tante domande, sul perché e sul per come si utilizzano i tempi di posa piuttosto che la profondità di campo.
Ed è proprio per questo che la terza lezione è stata interamente dedicata all'approfondimento di questi due argomenti. Come? nel modo migliore con cui provare a spiegare e rispondere alle tante domande: mettendo in pratica fotografando. E così tutti in sala posa per la lezione di scatto.




In questa lezione ci siamo concentrati su due argomenti in particolare: la profondità di campo e il tempo di posa.

La profondità di campo è quello spazio che esiste davanti e dietro ad un soggetto a fuoco, che risulti completamente nitido.

La scelta della profondità di campo (da adesso solo PF) è fondamentale quando si deve realizzare una fotografia; sia che si tratti di un paesaggio piuttosto che di un ritratto.
La possibilità di avere tutta la scena ritratta perfettamente nitida (a fuoco) oppure soltanto una parte di essa, può fare la differenza sull'impatto che questa fotografia può avere verso uno spettatore.
Vediamo come, nei nostri scatti di prova.
Al contrario degli ultimi corsi non ci siamo avvalsi delle nostre Goldfinger (le nostre fantastiche modelle) ma Francesco ha ben pensato di utilizzare uno strumento che bene si è adattato al nostro esercizio, un bersaglio con freccette, che in qualche modo, ha dato il tema alla serata: giochi ludici.

Scatto eseguito con f32
Sono due i fattori predominanti che regolano la PF: il diaframma e il tipo di obiettivo. Come abbiamo visto nella lezione precedente, per effetto della luce che passa attraverso l'obiettivo, più il diaframma è chiuso (quindi, con un valore numerico alto: ad es f16 f32 ecc) maggiore sarà la PF; cioè, lo spazio prima e dopo un soggetto a fuoco, aumenterà progressivamente con il diminuire della quantità di luce che passerà attraverso l'obiettivo per effetto di un diaframma sempre più chiuso.  Come evidenziato nella foto, utilizzando un diaframma molto chiuso ( f32 ), le freccette disposte nel bersaglio sono tutte e tre completamente nitide. Ma non solo: anche lo spazio subito prima (il numero 19 del punteggio) e lo spazio successivo all'ultima freccetta, sono completamente nitidi, cioè a fuoco.
E' importante capire come potere ottenere tale effetto.

Scatto eseguito con f4
Se invece volessimo evidenziare un dettaglio, una sola freccetta o anche solo parte di essa, eliminando tutto il resto, cioè facendo in modo che questo non disturbi l'occhio dell'osservatore, dobbiamo fare l'esatto contrario, cioè aprire il diaframma il massimo possibile così che la grande quantità di luce che passa attraverso l'obiettivo, permetterà al soggetto che ci interessa mettere in evidenza di essere a fuoco, ma al tempo stesso ridurrà lo spazio di nitidezza prima e dopo di esso. Se ne deduce che: più il diaframma è aperto (valore numerico basso, f 2, f2,8, f4 ecc) minore sarà la PF

Nella seconda foto, scattata con un diaframma molto aperto (f4) il risultato è evidente. La freccetta centrale, quella che volevamo mettere in evidenza è perfettamente nitida mentre tutto il resto è completamente sfocato.
Addirittura, la prima freccia pare quasi una macchia di colore rosso tanto è l'effetto della sfocatura.

La bellezza o la riuscita di una foto è un aspetto soggettivo della fotografia, in linea generale. Però il saper decidere autonomamente, attraverso il controllo della tecnica, è fondamentale se si vogliono realizzare delle fotografie "interessanti".
I nostri ragazzi del corso si sono cimentati in uno scatto di prova ognuno scegliendo la propria inquadratura; ognuno, liberamente, ha deciso cosa evidenziare o come realizzare lo scatto, dando pieno significato allo scopo della lezione (oltre che della PF).

Foto Giuseppe Rizzo
Giuseppe Rizzo (ci sono due Giuseppe, quindi in questo caso il cognome è d'obbligo), ha scelto di evidenziare la parte anteriore del bersaglio, quella dove è segnato il punteggio ( 19 ) per via del suo compleanno che cade precisamente in quel giorno (approposito, auguri Giuseppe!!!). La frecca è sfocata (ma leggibile) così come l'inizio del numero, segno che il diaframma utilizzato da Giuseppe era molto aperto, ma lo scopo di evidenziare il 19 è stato colto in pieno.


Giuseppe Doldo da una chiave di lettura completamente diversa, pur utilizzando lo stesso soggetto. Per lui conta soltanto il centro: potremmo dire, non ci sono secondi classificati!
Foto Giuseppe Doldo
E' evidente come l'occhio vada subito nell'unico punto di fuoco che è il centro esatto del bersaglio. Lo spazio prima e dopo il soggetto (quello creato dalla PF) è praticamente inesistente. Anche Doldo ha utilizzato un diaframma molto aperto.

Foto Laura Cruciani
Laura ha scelto di evidenziare l'ultimo soggetto (freccetta) escludendo dalla scena tutto il resto. Escludendo nel senso di: eliminare giocando con lo sfocato in modo che solo l'ultima freccia attiri l'attenzione dell'osservatore. Anche in questo caso, pur utilizzando lo stesso soggetto degli altri, la chiave di lettura è completamente diversa.
Anche lei ha utilizzato un diaframma molto aperto.


Foto Antonietta Bruno
Antonietta ha fatto uno scatto che è all'opposto di quello di Laura: ha evidenziato il soggetto in primo piano sfocando tutto il resto.
Vedete come cambiano le inquadrature, dal basso radente oppure dall'alto più o meno ravvicinato, e come questo cambi non solo il punto di vista dell'immagine ma anche il significato e il senso estetico.

Foto Silvia Tardella
Per Silvia la scelta dell'inquadratura si differisce da tutte le altre. Anche lei decide per un diaframma molto aperto (nessuno ha optato per un diaframma chiuso) che metta in evidenza il primo soggetto, però, al contrario degli altri, sposta l'inquadratura di quel tanto da permettere allo sfondo nero (una piccola parte) di modificare decisamente il senso estetico della fotografia. 
Sono scelte soggettive, ma tutte dettate da una precisa consapevolezza della tecnica.

Cinque foto realizzate con lo stesso soggetto, ma tutte diverse tra loro, dove i soggetti in evidenza sono risaltati dell'effetto della sfocatura dato dalla PF.

Nel caso dei nostri esercizi fotografici, è il diaframma ad incidere sulla PF ma di norma, non è l'unico fattore.
Anche il tipo di obiettivo determina una differente PF. Ad esempio, se utilizziamo un grandangolo, che ricordiamo è considerato grandangolo un obiettivo in cui la lunghezza focale è inferiore ai 35mm, la PF sarà molto estesa anche con un diaframma molto aperto. Questo per via del fatto che questo obiettivo è capace di inquadrare un campo visivo molto ampio.
Al contrario, se si utilizza un tele-obiettivo, cioè un obiettivo in cui la lunghezza focale è superiore ai 60mm, la PF sarà molto ridotta per via dello schiacciamento dei piani focali in quanto questo tipo di ottica ha un campo visivo (inquadratura) molto ridotto.

Ma su questo argomento torneremo nella prossima lezione dedicata proprio ai vari tipi di obiettivi e al loro utilizzo.

Ora entriamo nella seconda parte della lezione parlando di tempi di posa.

Il tempo di posa è la durata in cui l'otturatore resterà aperto per far passare la luce che impressionerà la pellicola o il sensore della macchina fotografica.

A seconda della velocità utilizzata al momento dello scatto, noi possiamo ottenere diversi tipi di immagini: mosse, se il tempo è mediamente lungo, oppure congelate, quando lo scatto è brevissimo.
Cerchiamo di capire meglio.
Quando scattiamo un soggetto in movimento, ad esempio delle palle che cadono, come nel caso della PF ci troviamo di fronte ad una scelta: vogliamo che le palle siano perfettamente "ferme"(in gergo, congelate), quindi nitide, oppure vogliamo che la foto dia il senso di movimento, quindi mosse e poco definite?
Come sempre la scelta è soggettiva ma è grazie ad essa che riusciamo a fare la differenza.
Noi abbiamo provato a scattare due fotografie con delle palle che cadono dall'alto dove in entrambe le foto c'è una palla (quella blu) ferma sul pavimento. Nella prima foto abbiamo usato un tempo di posa molto breve (1/125 di secondo), mentre nella seconda il tempo di posa era decisamente più lungo (1/8 di secondo). La differenza è fin troppo evidente.
Nel primo caso le palle risultano completamente ferme, quasi congelate, più o meno come la palla blu (sulla sinistra) che era ferma sul pavimento. Questo perché un tempo di posa così breve blocca completamente un soggetto in movimento dando quasi l'impressione che questo sia fluttuante nell'aria.

Scatto eseguito a 1/125 di secondo
Nella seconda foto invece abbiamo allungato il tempo posa scattando ad 1/8 di secondo. Il risultato è completamente differente. Come si può notare, la palla blu, quella ferma sul pavimento, è perfettamente nitida mentre tutte le altre, quelle che cadevano dall'alto, risultano completamente mosse, poco nitide, in alcuni casi sembrano quasi scomparire.

Scatto eseguito a 1/8 di secondo

Ma perché succede questo? se il tempo di posa è molto lungo, la pellicola (o il sensore) non riesce a "registrare" il soggetto in movimento che inevitabilmente risulterà mosso, o in alcuni casi (come abbiamo raccontato ai nostri ragazzi) se il tempo di posa è di diversi minuti, può addirittura "scomparire". Questo sempre per effetto della luce.

Poniamo il caso, ad esempio, di dover fotografare una piazza in pieno giorno con tanta gente.
Per evitare di ritrarre anche le figure umane, si scatta una fotografia con un tempo molto lungo (ponendo la macchina sul cavalletto, ovviamente), così che tutti i soggetti in movimento non saranno "registrati" dalla pellicola o dal sensore. Per fare questo tipo di fotografia c'è bisogno di un filtro davanti all'obiettivo (il neutral density) che abbassa la luminosità e permette di impostare un tempo di posa molto lungo anche in pieno giorno
Se scattate di notte, invece, non c'è bisogno di nessun filtro ( quante volte abbiamo visto foto di strade con le scie luminose delle auto) e l'effetto è sicuramente molto suggestivo.

Naturalmente per eseguire qualunque tipo di fotografia bisogna sempre rispettare la coppia tempo/diaframma, sia nell'utilizzo della PF che per i tempi di posa, quindi bisogna sempre tenere la massima attenzione sull'esposimetro della nostra macchina fotografica: unica nostra guida alla lettura della luce.
Ed è proprio per questo che durante la lezione abbiamo mostrato un esposimetro esterno, molto più preciso di quello montato sulle fotocamere, che può misurare la luce sia in maniera incidente, cioè direttamente sul soggetto (e quindi in maniera molto più precisa) che riflessa, cioè quella porzione di luce che il soggetto riflette verso l'obiettivo della macchina fotografica. 
Più avanti nel corso approfondiremo meglio anche i vari tipi di esposimetri.

E così i primi due argomenti, come la PF e i tempi di posa, sono stati affrontati e chiariti.
Il risultato, anche attraverso gli esercizi in studio, è stato ottimo ma siamo curiosi di vedere cosa sapranno combinare i nostri ragazzi negli esercizi assegnati da fare a casa.
Intanto, nella prossima lezione parleremo di obiettivi... al prossimo step.

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